La sindrome di Rett è una malattia genetica, rara, neurologica. Ritenuta inizalmente progressiva,seppure grave, è invece dimostrato essere, almeno sul piano teorico, potenzialmente reversibile e questo rende ragione dello sviluppo di metodi educativi e di nuovi farmaci.
Dovremmo parlare più propriamente di disturbo Rett, sottolineando come sia l’eziologia che il fenotipo siano variabili.
Le mutazioni implicate nel disturbo riguardano i geni MECP2 e CDKL5 entrambi localizzati sul cromosoma X (questo da ragione del fatto che la malattia colpisce quasi esclusivamente le femmine). Altre mutazioni sono state identificate recentemente a carico del gene FOXG1.
Anche il fenotipo è variabile per cui accanto alle forme classiche, con assenza del linguaggio verbale, epilessia, disprassia e stereotipie manuali a tipo lavaggio, disturbi respiratori e del sistema nervoso autonomo, si distinguono la variante di Hanefeld che esordisce in modo drammatico nel primo semestre di vita con crisi convulsive difficili da trattare, la variante congenita, ovvero quella che da segno di sé sin dalla nascita e la forma di Zappella con sviluppo tardivo del linguaggio. Infine esistono forme che pur presentando una sintomatologia sovrapponibile non presentano nessuna delle mutazioni descritte e che chiameremo “Rett provvisorie”.</>
Le forme classiche presentano la mutazione del gene MECP2 in oltre il 90% dei casi, quella di Zappella in oltre il 50%, mentre la variante di Hanefeld riconosce mutazioni del gene CDKL5 e quella congenita del FOXG1.
Nel febbraio 2010, la Fondazione UMANA MENTE, del gruppo Allianz, ha finanziato un progetto da realizzare con Dynamo Camp per una ventina di famiglie con bambini affetti da malattie rare e si è rivolta al Centro di Riferimento Regionale della Toscana per la Sindrome di Rett, che ha sede presso l’ Ospedale Versilia.
Gli specialisti si sono messi all’opera per individuare un gruppo di pazienti che fosse rappresentativo del disturbo Rett nel suo complesso, reclutando tra le oltre cento famiglie seguite, 17 bambine con la più ampia variabilità della sindrome. Sono state selezionate famiglie con una bambina affetta dalla forma classica (7) ed altre con la variante di Hanefeld (4) e con la variante di Zappella (5), oltre una con la cosiddetta Rett provvisoria. Le famiglie provenivano in gran parte dalla Toscana (5) e dalla Lombardia (4); seguiva il Lazio (2) ed infine una ciascuno il Veneto, il Trentino, l’ Emilia, l’ Umbria, la Campania e la Sardegna.
Nonostante tempi ristretti per l’adesione al progetto quasi tutte le famiglie interpellate hanno aderito al progetto.
Gli obiettivi che abbiamo individuato sono stati i seguenti:
formare il gruppo dei volontari sulle problematiche specifiche del disturbo
- garantire la consulenza medica specialistica e l’assistenza di base
- consolidare un piccolo gruppo di famiglie che anche in passato hanno trascorso periodi di vacanza insieme
- allargare ad altre famiglie che potessero spontaneamente contribuire alla costituzione di un gruppo di mutuo auto-aiuto
- fare sperimentare alle bambine affette varie attività ludico-sportive con gli animali, a cavallo, in acqua e momenti di festa in un luogo ameno, ecologico, pulito con personale particolarmente sensibile e cortese
- spostare l’attenzione dell’ ambiente dal focus sul paziente designato a tutti i componenti della famiglia, primi tra tutti i fratelli sani.
- permettere il libero confronto tra le famiglie nella gestione quotidiana delle loro bambine
- dare valore alla figura dei genitori e della famiglia allargata, coinvolgendo, dove possibile, i nonni
- fornire un modello possibile per la gestione quotidiana delle bambine.
I risultati sono stati strabilianti. Ne citerò uno per tutti: all’ invito a partecipare ad un incontro all’ auditorium dell’ Ospedale Versilia e nella sede della Fondazione TIAMO (Tutti Insieme Associazioni Malattie Orfane) per la verifica dei risultati ottenuti a Dynamo Camp hanno aderito un numero elevatissimo di famiglie, provenienti dalla Toscana e da Regioni più lontane. Durante l’incontro le famiglie hanno voluto esprimere la loro gratitudine, ma anche le loro emozioni, hanno raccontato delle sensazioni provate in un contesto dove non si sentivano osservate mosche bianche, dove lo sguardo delle persone non era di curiosità indagatrice, ma di attenzione e di premura; hanno acquisito la consapevolezza che si può osare di più.
Sono stati raggiunti obiettivi relativi alla comunicazione, all’ espressione delle emozioni, alla sperimentazione della vicinanza fisica ed emotiva, all’ incremento delle conoscenze attraverso il racconto dell’ altro che vive le stesse problematiche e le stesse difficoltà.
La verifica dei risultati, ben oltre consueti parametri numerici, è nelle parole che alcune famiglie hanno voluto scrivere al termine dell’ esperienza. Ne citerò alcune:
La mamma di Lisa scrive “Tutto scattò dopo un paio di giorni quando ci rendemmo conto della magia che circonda quel villaggio, e i volontari avvicinatisi alle nostre famiglie, alle nostre bambine con molta delicatezza in brevissimo tempo, sono diventati parte delle nostre famiglie, con loro infine si è creato un gruppo con complicità e affiatamento come fossimo amici di vecchia data.“
La mamma di G “Non passa giorno che le mie bimbe non parlino, ognuna a modo suo, di voi…è stata un’esperienza fantastica che ci ha arricchite e che ci ha permesso di conoscere delle persone davvero splendide, che si sono inserite nelle nostre vite in punta di piedi, senza mai essere invadenti…abbiamo passato, grazie a voi, dei momenti unici che difficilmente riusciremo a dimenticare; avete pensato al benessere della famiglia nella sua interezza, senza mai tralasciare niente e soprattutto nessuno. E’ stata una settimana che ci ha permesso di crescere insieme a voi e insieme agli altri e di sentirsi uguali, senza dover per forza dare delle spiegazioni per il comportamento magari strano delle nostre bambine un po’ speciali…abbiamo raccontato a tutti di questa esperienza, ma le parole sicuramente non sono riuscite a rendere esattamente quello che noi abbiamo sentito, provato e vissuto al camp.
Mamma di Alessia da Trento “Ho imparato molte cose ma la più importante è che la maggior parte delle limitazioni che attribuisco alla mia bimba in realtà sono nel mio cervello…al rientro quindi mi sono imposta di essere più esigente con Alessia perchè so che può raggiungere piccoli traguardi se solo io mi impongo con più severità. Guardo con sincero ottimismo al futuro e spero che questa esperienza si possa ripetere perchè solo nel confronto si cresce!!!!!”
La mamma di Vanessa “Ci siamo commossi tutti, l’emozione era troppo grande per trattenerla. E’ difficile spiegare a parole ciò che abbiamo vissuto durante quella settimana di vacanza. Tutto lì è bello, il paesaggio montano, l’Oasi del WWF, le strutture di accoglienza con grandi vetrate aperte su spazi verdi ben tenuti , grandi spazi comuni, un bel teatro dove si svolgevano le rappresentazioni e i giochi, i laboratori per i grandi dedicati alle attività manuali quali orafo, cuoio, ceramica etc . Per non parlare della piscina, un autentico sogno, la fattoria con gli animali, l’arrampicata e moltissimo altro. E poi tutto pulito, tutto a disposizione, organizzato nei minimi particolari dagli operatori chiamati simpaticamente dynamici, ragazzi preparati, attenti, disponibili e con un grande cuore. I bambini si sono divertiti all’inverosimile grazie alle attività sportive e ricreative loro proposte. Erano talmente entusiasti che non volevano separarsi e non volevano abbandonare quel posto incantevole e fiabesco. Che dire ancora……vorrei tornare al Dynamo Camp!!!!
Ancora non riesco a capire razionalmente come sia stato possibile vivere un’esperienza emozionale così intensa facendo semplicemente una vacanza, forse noi genitori di bambini speciali siamo più suscettibili o più vulnerabili, non so, ………sarà forse la voglia di tornare alla spensieratezza di quando eravamo bambini…….. Comunque condividere momenti così belli, con altre persone è raro ma non impossibile ora lo so e questo mi far star bene. Bene con me stessa, con la mia famiglia e di conseguenza con gli altri.
Spero solo di riuscire sempre a trasmettere alle mie bambine questa sensazione di benessere e serenità. “
La mamma di Emilia “ è stata una bella esperienza anche per la sorella di Emilia, pur essendo piccola anche Virginia è riuscita a confrontarsi con altre sorelle e fratelli, tornata a casa si relaziona di più anche con Emilia e questa è stata una delle cose più belle che questa esperienza ci ha lasciato. I volontari e i Dynamo amici sono stati fantastici, con loro avevamo consolidato un bel rapporto di amicizia e per questo salutarci non è stato facile”
Non sono semplici parole di gratitudine, sono tracce del difficile percorso intrapreso nella direzione della consapevolezza della malattia e della salute della famiglia, sono i segni della valorizzazione della solidarietà.
Ho ragione di credere che il successo del progetto è dimostrabile anche attraverso la soddisfazione dei volontari e dei dirigenti di dynamo camp, di quelli della Fondazione UMANA MENTE, come di tutti coloro che professionalmente si occupano della cura di queste bambine e delle loro famiglie. Tra qualche anno poi verificheremo quanti fratelli si impegneranno nell’ ambito del volontariato nei confronti di altri bambini sfortunati, mettendo a disposizione di Umana mente e di altre organizzazioni sociali la loro esperienza quotidiana acquisita in famiglia e potenziata a Dynamo Camp.
Dott. Giorgio Pini
Direttore UOC di Neuropsichiatria Infantile
Responsabile del CRR per la sindrome di Rett
Ospedale Versilia – ASL 12 Viareggio
27 giugno 2010